Il giorno dedicato ai “defunti” credo sia il momento più profondo, triste, inquietante, misterioso, su cui ciascuno di noi,  infinitesimale parte dell’Umanità, dovrebbe riflettere. Specie in questa fase di pandemia con  ansie, paure, morti. L’homo sapiens sta dimostrando come  tecnologia e scienza siano  incapaci a sconfiggere un “virus” (scaturito chissà come e da dove); la politica, governi e organismi internazionali, a fare fronte a ragionamenti comuni; le Chiese e religioni a trovare risposte  serene al dilemma vita-morte. Lungi dall’entrare nel dibattito filosofico, religioso, artistico, culturale, che dalle origini ne accompagna il percorso, forse insolubile, talora  strumentale ( guerre sante, crociate, roghi per stregoneria, “twin towers”,  professore decapitato  giorni fa ..). “La vita e la morte sono un filo unico, percorso da lati opposti“- “Una vita ben spesa dà un lieto morire” – “Vivono male quelli che pensano di vivere sempre“, scandiscono  Lao Tsu, Leonardo da Vinci, Publilio Siro, e si potrebbe a lungo continuare.  Ma, eccomi nel “cimitero” di Pescara. Mi accoglie l’annosa scultura della Madonna che regge la croce. Percorro sentieri tra tombe,  adorne o umili, con fiori, nomi, date, foto, pensieri. Qualche visitatore, in mascherina, prega, geme, piange, parla coi suoi cari defunti. Arrivo alla “nostra” con Vincenzo, papà maresciallone carabiniere, Angela, mamma maestra, nonna Virginia, il nipotino Enzo che aveva un anno. E’ completa! Cambio i fiori, mi confido un po’. Mi avvio all’uscita, salutando chi incontro. Ognuno rivive la saggezza di genitori, nonni, avi; la tenerezza di figli, magari bambini,  che sono andati via prima. Dal “ belvedere” il cimitero sembra fondersi con mare e cielo. Ovunque -penso- in Paesi diversi, lontani, in questo giorno sentimenti uguali uniscono persone e popoli. Possibile, che i governanti, scienziati, religiosi della Terra, capaci di escogitare nei secoli strumenti per progredire (e uccidere), raggiungere la Luna, sfidare Marte, riescano ancora oggi a  dividersi, confondere, blaterare, litigare, invece che unirsi per educare alla pace, superando il dolore e il mistero della morte ? Sembra rispondere il vento: “finchè c’è vita c’è speranza”. Qualcuno mi guida per mano, verso l’uscita, per ora.  Il disegno  in alto è di  Nazareno Giusti. Fu ispirato, mi ha detto il papà inviandomelo,  dall’Angel of grief che nel 1894 l’artista  statunitense William Wetmore Story  scolpì per  la moglie e il figlio Joseph di sei anni, nel cimitero acattolico a Roma, dove  giace con loro. L’arcobaleno che nasce dal buio e dal sangue è un mio vecchio acrilico (che sia propizio!). Nazareno sussurra dalla Luce. “Buon 1° novembre e buona vita. Vostro Ennio