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Il mattino del 17 maggio, dopo avere salutato la moglie Gemma, in cinta, fatta una carezza a Mario, ancora bambino, scende le scale, si avvia verso la sua 500, parcheggiata sotto casa. Tre colpi di pistola. I vili terroristi erano lì. Buio. Morte. Luigi Calabresi, commissario della Questura di Milano, é stato ucciso, “giustiziato“, come sentenziavano alcune scritte sui muri di Milano, colpevole di avere ucciso Pino Pinelli, precipitandolo dal quinto piano della Questura di Milano, mentre lo interrogava. Ideologi e giornalisti avevano pubblicato una petizione di firme, contro di Lui. Un artist-istrione riempiva i teatri con una farsa contro di lui. Il commissario avrebbe potuto farsi trasferire. Era rimasto al suo posto, affrontando a fronte alta il processo. Senza alcuna scorta.   I giorni del funerale, al termine del mio servizio di notturna a Genova, nonostante le direttive ministeriali, ero andato a Milano. Col permesso del Questore Allitto Bonanno ( lo avevo avuto superiore a Bologna) da poco successore del Questore Guida, avevo portato a spalle il feretro di “Gigi”, coi colleghi Valentini, Pagnozzi, fabbiri, Sorrentino. Lo avevo conosciuto prima a Roma, per poco, ma ne avevo apprezzato l’onestà professionale e la fede cristiana. Prima di andare a Milano avevo scritto una lettera, poi pubblicata sul Corriere Mercantile di Genova. Al rientro venni richiamato. Fu la mia prima sanzione disciplinare. Anni dopo, uno degli gli autori dell’omicidio confessò e fece il nome di complici e mandanti, di “lotta continua”. Le loro responsabilità sono state stabilite con sentenze definitive. Il commissario Calabresi non era presente nella stanza quando avvenne la caduta “per malore attivo”, accertò il magistrato Gerardo D’Ambrosio.  Giuseppe Pinelli, anarchico idealista e Luigi, “Pino” e “Gigi”, furono vittime del clima di odio, terrore, depistaggi, eversione di allora. E’ stata una pagina vergognosa per la Cultura, la Polizia e la Giustizia italiana. La strage di Piazza Fontana è rimasta senza colpevoli! A Pescara, città dei miei studi con Emilio Alessandrini, per il 40° anniversario della strage di piazza Fontana, da me condotto con Agnese Moro, riuscii a fare giungere dalle vedove Licia Pinelli e Gemma Calabresi messaggi contemporanei di monito contro ogni violenza. Li lesse Mirella Alessandrini, sorella di Emilio, indimenticabile amico, assassinato il 29 gennaio 1979. Che non si possa riprendere quel loro appello, e mettere in piazza Fontana una targa per tutti i caduti di violenza di quegli anni di strategia della tensione? Vedrete nel link come la staffetta della Memoria passi attraverso i nostri giovani verso un’Italia migliore. Vostro Ennio