Grazie al Consiglio Regionale d’Abruzzo, che ha stanziato fondi consistenti, e al Comune di Pescara, dal 6 al 15 settembre si svolgeranno incontri, a ingresso gratuito, con studiosi, storici, artisti, dedicati a Gabriele D’ANNUNZIO. Un’occasione per riflettere su un personaggio ormai nella storia, discusso e discutibile, che oltrepassa i confini cittadini e nazionali. “Festa della Rivoluzione-D’ANNUNZIO torna a Pescara”, gli slogan dell’iniziativa, riferiti-penso-a lui, al Vate. Sarebbe mediocre pensare ad altro-i, in riduttiva chiave politica. Culturalmente Egli non è andato mai via, tanti sono stati i convegni organizzati dai prestigiosi “esperti dannunzisti” pescaresi. Sarebbe utile forse, per tutti, che il seguente interrogativo fosse una chiave di ricerca: perché D’Annunzio non è tornato a Pescara, dove aveva anche sognato di essere sepolto? Un interrogativo che in passato è servito, maldestramente, quasi a condannarlo per “ oblio verso Pescara”. D’Annunzio, a mio avviso, é sempre rimasto “spiritualmente” a Pescara, specie nella casa dove nacque. Lo si sente struggentemente nel “Notturno”, mentre nella cecità interroga la sua anima. Ma l’immaginifica potenza, il talento, l’irrequietezza, la voglia di mondo, potevano trattenerlo nel villaggio appena divenuto città anche grazie a lui? Poteva restare nel “provincialismo” che tarpava le sue ali svettanti verso gli orizzonti senza confini della Gesammtgunstwerk, la “rivoluzione-arte globale” di cui scrive Richard Wagner? Poteva esso accompagnare la sua ansia di fare della vita un’ opera d’arte? Per questo si allontana da Pescara, di cui aveva intuito la limitatezza anche il padre inviandolo al Cicognini di Prato? Ma non rinnega il suo humus, la sua gente: “Porto la terra d’Abruzzi, porto il limo della mia foce, alla suola delle mie scarpe, al tacco dei miei stivali”, è scritto all’ingresso della Casa Natale. Deve volare via! Sente l’insufficienza degli schemi, non solo artisticamente. Destra e sinistra, conservatore-progressista? Anche in tal senso fa la sua “rivoluzione” irrequieta, interventista, belligerante, trascinatrice, famelica di piacere. Sfida la vita, corteggia la morte. “Oltre”, dirà dopo l’esperienza in Parlamento. Ancora oggi non pochi lo vogliono precursore del fascismo! In un incontro a Milano, quando un giornalista pose la domanda, integrai la risposta di Giordano Bruno Guerri, citando l’articolo in cui Gramsci lo difendeva dalle denigrazioni con cui Giolitti e Nitti lo attaccavano durante l’impresa di Fiume. Sino a bombardarlo davvero, su pressione del presidente americano Wilson, uccidendo dei suoi fedeli e ferendo lui stesso nel “Natale di sangue!” D’Annunzio di destra, fascista? o libertario, radicale, di sinistra? Leggendo la Carta del Carnaro, da lui promulgata l’8 settembre 1920, i Cinque Stelle vi riconoscerebbero il loro reddito di cittadinanza, i comunisti il loro welfare, molti non poche battaglie per i diritti civili, compreso la parità uomo-donna. Allora, non si tiri partiticamente, D’Annunzio per la giacchetta! Lo si studi! Un auspicio: facciamolo tornare nel senso più nobile. A lui farebbe piacere. Chissà quanto deve essergli costato infatti avere preferito di non essere sepolto sulla riva del suo fiume, ma lontano in collina, tra commilitoni e levrieri, dalla colonna da dove contempla il lago di Garda, l’orizzonte e oltre! Che la Casa dove nacque e quella dove morì, ricordino ( magari firmando il gemellaggio interrotto) Gabriele D’ANNUNZIO, pescarese e cittadino del mondo, Poeta, Comandante, Vate, nella sua straordinaria irripetibilità!
Ennio Di Francesco

P.S. Approfitto per segnalare: chi vuole, può stampare gratis dal mio sito il libro “Il Vate e lo Sbirro”, in cui il commissario Giuseppe Dosi indaga sulla sua misteriosa caduta il 13 agosto del 1922 dal balcone di Villa Cargnacco ( ora Vittoriale ) per la quale venne persino sospettato Benito Mussolini, e che favorì in ottobre la “marcia” su Roma. Gabriele D’Annunzio, deve tanto a quello “sbirro”, come scherzosamente lo chiamò poi.